UNA SUORA AMICA

Francesco poco più che adolescente, era un ragazzo giudizioso e devoto, pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno. Si dedicava anima e corpo ai bisognosi. Primo di sei fratelli, collaborava con suo padre in bottega e provvedeva senza remore alle esigenze della sua famiglia. Un giorno, in occasione del 2 novembre (festività dei morti), il custode del cimitero sapendo come fosse così pronto a collaborare per il prossimo e la comunità gli chiese aiuto per sistemare il luogo santo. Francesco non si tirò indietro, anzi reclutò amici e parenti per far in modo che tutti i defunti fossero provvisti delle “nuove” lampadine votive, le prime che venivano installate con l’elettricità. Bisognava dare una mano al custode e ai “camposantieri”, quindi in base alle disposizione date dagli operai del cimitero, Francesco assegnò ad ogni membro della squadra un compito preciso. Alcuni erano addetti alla pulizia, altri alla rimozione di oggetti pericolanti e altri ancora, invece, avevano solo il compito di stare agli ordini degli “anziani”. Francesco si rese disponile per l’istallazione delle famose lampadine, in quanto era uno dei pochi a capirne di fili e cavi elettrici. Insomma, a metà del secolo scorso si formò, forse, la prima cooperativa sociale con il fine di dare un giusto decoro ai defunti, almeno nella loro festività. Armati di attrezzi, i ragazzi iniziarono il loro primo volontariato. Divisi i campi da gestire, a lui toccò quelli più “popolati”. Anche se volenterosi e giovani il lavoro risultò pesante e abnorme, tanto che molti di loro rimasero anche durante la notte del 31 ottobre per finire i compiti assegnati.

L’opera che risultò la più difficile e lenta fu proprio quella dell’installazione delle lampade votive. Da poco tempo l’elettricità aveva varcato la soglia del luogo sacro, quindi pochi sapevano davvero come utilizzarla. Francesco anche se era tra i più bravi si trovò in difficoltà, soprattutto quando era costretto a lavorare nei punti più dissestati del cimitero. Questo portava un notevole ritardo sulla tabella di marcia. Ma quella notte bisognava superare ogni ostacolo e finire prima dell’alba. Francesco con pochi mezzi di fortuna, illuminato solo dalla luna, un lampione ad olio (uno dei pochi superstiti) e dalle lampadine già installate continuava il suo lavoro, in ginocchio e con il capo chino. D’improvviso un soffio di vento spostò la sua folta chioma bionda, si voltò e poco distante una suora domenicana lo stava osservando. Francesco fece un cenno e ritornò ai suoi fili. In un primo momento non gli sembrò una stranezza perché nonostante la tarda ora era pur sempre una notte particolare. Ma qualcosa in quella “suorina” lo aveva colpito. La donna possedeva una delicata dolcezza che risvegliava in lui vecchi ricordi. Allora si rigirò e la rivide, sempre lì immobile che lo guardava sorridente. Francesco risalutò la religiosa. Ma d’un tratto ricordò, era suor Vincenza la sua maestra delle elementari. Si alzò all’istante per salutarla ma quando si rivoltò non la vide più. Come era possibile, se si fosse mossa l’avrebbe vista. Iniziò a cercarla per il campo, ma nulla. Poi, poco distante dal luogo in cui stava lavorando notò una grande cappella con il portone aperto. “Forse è entrata lì” pensò.

Poco illuminata la cappella, il giovane varcò la soglia ma di suor Vincenza non c’era traccia. Pazienza. Ma nell’uscire dalla chiesetta mortuaria notò un particolare che lo fece trasalire. L’intero monumento cimiteriale ospitava i resti delle suore domenicane passate a miglior vita. Tirò un lungo respiro, strinse i denti e cercò di allontanare da sé un agghiacciante dubbio. Girò i tacchi, deciso questa volta di uscire quanto prima da lì. Notò, però, in basso un piccolo loculo al quale si era spenta la lampadina votiva. Anche se intimorito non ebbe il cuore di andarsene senza provvedere a riparare quel guasto. Si inginocchiò davanti alla nicchia e fu a quel punto che trasalì e gli mancò per qualche secondo l’aria dai polmoni. La persona ritratta in una vecchia foto attaccata al loculo e logorata dal tempo, lui la conosceva bene. Era suor Vincenza, con lo stesso sorriso di qualche attimo prima. Il giovane lesse le date in ottone fissate alla lastra di marmo, la monaca era morta qualche anno dopo la sua licenza elementare.

di Lisa Terranova